Non dimentichiamo che il primo Pride della storia fu un riot contro la brutalità della polizia

di Laura Muth

Il mese del Pride è un momento di celebrazione per la comunità queer. Mentre la gioia del Pride potrebbe ancora essere un punto di partenza per la lotta in alcuni luoghi, nella maggior parte delle grandi città degli Stati Uniti questo mese sarà contrassegnato da parate e feste. I marchi pubblicitari stanno lanciando la merce timbrata dall’arcobaleno e sponsorizzano i carri da parata. Ma il Pride non è solo tempo di baldoria; è anche un momento del ricordo.

Celebriamo il Pride nel mese di giugno perché segna l’anniversario delle rivolte di Stonewall.

Nel 1969 la vita queer non era decisamente qualcosa che potesse essere celebrata dalla cultura mainstream. La polizia faceva regolarmente irruzione nei locali notturni gay, arrestando persone che indossavano vestiti che non erano conformi al loro genere assegnato o che erano sospettate di “istigare” a relazioni omosessuali. Fino al 1966 la Liquor Authority dello Stato di New York faceva chiudere o puniva in altro modo i locali che vendevano alcol ai membri della comunità LGBTQ+, sostenendo che un gruppo di persone queer era in qualche modo intrinsecamente più disordinato di un gruppo di persone etero.

Nel 1969 gli atti omosessuali – come baciare, tenersi per mano, ballare insieme – erano ancora illegali a New York. Così, la notte del 28 giugno 1969, la polizia fece irruzione nello Stonewall Inn, un famoso bar gay che è ancora aperto nel Greenwich Village.

Stonewall era uno dei pochi bar che accoglieva le drag queen, che erano spesso cacciate dagli altri spazi LGBT.

La polizia iniziò ad arrestare x proprietarx del locale e le persone dipendenti che stavano violando la legge sugli abiti adeguati al genere. Quando un ufficiale di polizia picchiò in testa una lesbica nera di nome Stormé DeLarverie perché si era lamentata che le sue manette erano troppo strette, la folla che si era radunata fuori dal club ne ebbe abbastanza.

Marsha P. Johnson, una drag queen nera, e Sylvia Rivera, una queen latina, furono due delle prime a resistere attivamente alla polizia quella notte, lanciando mattoni, bottiglie e bicchieri agli ufficiali. Le loro azioni scatenarono sei giorni di scontri nel quartiere che circonda lo Stonewall Inn e galvanizzarono il nascente movimento per i diritti omosessuali negli Stati Uniti.

Johnson e Rivera in seguito diedero vita a Street Transvestite Action Revolutionaries (STAR), un’organizzazione per giovani drag queen e donne trans di colore. Purtroppo anche oggi le persone queer di colore e in particolare le persone trans e le persone di colore gender non conforming continuano a essere le persone più vulnerabili della comunità queer, nonostante dobbiamo ringraziare Johnson e Rivera per la maggior parte delle nostre vittorie a partire dal 1969.

Oggi il 60% delle vittime della violenza anti-LGBTQ e dei crimini anti-HIV sono persone di colore, nonostante il fatto che le persone di colore costituiscano solo il 38% della popolazione degli Stati Uniti. Allo stesso modo, mentre solo il 3,5% circa della popolazione degli Stati Uniti è composta da persone immigrate privx di documenti, esse però costituiscono il 17% delle vittime secondo questo stesso studio. È difficile ottenere cifre precise sui crimini di odio, quindi c’è sicuramente un margine di errore in questi numeri, ma la tendenza è chiara e inquietante.

Nonostante la crescente accettazione della comunità LGBTQ+ in molte parti del paese, stanno aumentando anche i tassi di omicidio contro la nostra comunità. E come avrete già intuito, quei tassi sono particolarmente alti per le persone di colore trans e queer. Le persone transgender di colore affrontano i più alti tassi di criminalità violenta fra tutte le persone queer. La maggior parte delle vittime delle violenze anti-LGBTQ ha affermato che la polizia è “ostile” o “indifferente” nel momento in cui si denuncia il crimine.

Di conseguenza, moltx scelgono di non denunciare, per cui i numeri sono probabilmente peggiori di quanto noi conosciamo.

Mentre abbiamo raggiunto l’uguaglianza del matrimonio, restano ancora altre battaglie legali. Finora, solo due stati, California e Illinois, hanno bandito l’uso della “difesa da panico gay” in tribunale. In sostanza, la difesa da panico gay viene usata quando qualcunx ha commesso violenze contro una persona queer perché i presunti approcci sessuali di quella persona queer hanno reso x colpevole così spaventatx da averle aggredite.

Alcune persone sostengono che questa difesa è rara ed è improbabile che abbia successo, quindi vietarla non sarebbe necessario, ma uno studio ha scoperto che è stata utilizzata in circa la metà degli Stati Uniti, con un record misto di successi -un uomo in Texas è stato assolto dall’omicidio grazie all’utilizzo da parte del suo avvocato della scusante della “difesa da panico gay”. Ancora più importante, tuttavia, è il fatto che coloro che sostengono la necessità di vietare questa difesa sostengono anche che è importante non permettere all’identità queer di diventare una causa sufficiente per una violenza.

Ciò sembra particolarmente importante tra i crescenti tassi di omicidio nei confronti delle persone queer e trans. In 28 stati, è ancora legale licenziare qualcuno in base al suo reale o presunto orientamento sessuale o identità di genere. Dal momento che non esistono protezioni federali anti-discriminazione per le persone LGBTQ+, ci sono solo modi limitati per le persone in questi stati per contrattaccare.

Allo stesso modo, 28 stati non hanno protezioni per la comunità queer contro la discriminazione abitativa. Tre di questi stati (North Carolina, Tennessee e Arkansas) hanno persino approvato leggi statali che bloccano i governi locali dall’attuare le protezioni abitative per le persone LGBTQ+. Circa il 50% degli americani queer vive in stati che non hanno questo tipo di protezione.

E nonostante i nostri successi negli ultimi anni, l’implementazione di leggi di “esenzione religiosa” in stati controllati da legislatori repubblicani minacciano il nostro accesso a tutti i tipi di servizi e diritti, dall’adozione di bambini al ricevere cure mediche.

Adoro celebrare il Pride.

Come persona introversa, può sembrare che conservi tutte le mie energie di socializzazione per spenderle questo mese in sfilate, dimostrazioni, drag show e feste da ballo. Ma ora è un momento per non solo ricordare, ma anche far rivivere le radici rivoluzionarie del Pride.

I nostri diritti e le nostre stesse vite sono ancora sotto attacco, e le persone più vulnerabili della nostra comunità non hanno bisogno solo di solidarietà, ma di azione.

Fonte: https://thetempest.co/2018/06/26/social-justice/never-forget-that-the-first-pride-was-a-riot/?fbclid=IwAR0y8k9Fu3iKwXAax3P9nr_73iNVO6u2VIrCZmMFrBeYrz8HwTUUHeRfCpY