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6 modi in cui il tuo attivismo per la giustizia sociale potrebbe essere abilista

di Carolyn Zaikowski

Incredibilmente, alcuni attivisti di sinistra ancora non riescono a riconoscere l’abilismo come un problema di giustizia sociale.

Ma dai 200.000 disabili uccisi durante l’Olocausto, alle orribili eredità dell’eugenetica e agli istituti come carceri per le persone disabili, all’attacco del 2016 contro le persone disabili in Giappone, sia la storia che il presente sono inondati da esempi di governi e individui che promuovono ideologie che mirano a mantenere un pool genetico “puro” e sano.

E come ogni altra oppressione, l’abilismo non prende semplicemente la forma di violenza “ovvia”. Le persone disabili vivono discriminazioni istituzionali nel lavoro e nell’istruzione; mancanza di rappresentanza nella politica, nell’arte e nei media; tassi estremamente elevati di abusi e negligenza; e pericolosi stereotipi.

L’abilismo è inoltre aggravato da fattori come il genere, la bellezza, la razza, la classe, l’età e il colonialismo, tra le altre oppressioni. Dovrebbe far parte di qualsiasi conversazione riguardante l’intersezionalità – e tuttavia, anche negli spazi di giustizia sociale, spesso non lo è.

I seguenti sono sei modi in cui vari attivisti di sinistra, dai liberali ai radicali a quelli che fanno persino affermazioni sulla “rivoluzione”, regolarmente non riescono a tenere sotto controllo l’abilismo.

1. Organizzazione di eventi in spazi non accessibili

Nei miei primi venti anni, sono stata coinvolta in diverse azioni antiguerra post 11 settembre. Prendevamo un autobus economico da Boston a New York o Washington DC per protestare e partecipare al training per tutto il fine settimana. Le chiese locali ci permettevano di dormire nel loro seminterrato o disseminat* sui banchi.

Questo mi sembrava molto anarchico e “fai-da-te” al momento. Ma ricordo un’amica che era più vecchia (in realtà non aveva ancora quarant’anni) che aveva problemi di dolore cronico e problemi gastrointestinali. Era stata invitata a viaggiare con noi e a parlare ad un evento. * san* e giovani organizzat* l’avevano guardata con sdegno, come se non fosse abbastanza punk rock, quando disse che queste soluzioni per dormire in una chiesa erano ageiste e abiliste.

Ho solo 33 anni, ma mi è stata diagnosticata la sindrome di Ehlers-Danlos (EDS). Non c’è alcuna possibilità che io ora possa prendere quell’angusta corsa in autobus o dormire su quel banco. Questo per non parlare di disabilità più “visibili” che richiedono cose come le sistemazioni in sedia a rotelle.

Troppo spesso, nel nome di un’etica del fai-da-te che bada a minimalismo e autosufficienza molto più del comfort e della salute, eventi “radicali” si svolgono in spazi che allontanano le persone con una vasta gamma di disabilità.

2. Sottintendere che la pubblica protesta sia l’apice dell’attivismo

La partecipazione a proteste pubbliche come marce e sit-in, e persino essere arrestati per atti di disobbedienza civile, è spesso implicitamente considerata l’apice dell’attivismo anti-oppressione. Tuttavia, al fine di partecipare in modo sicuro a molte di queste attività, è necessario essere fisicamente san* e potersi muovere autonomamente.

Questioni emotive e cognitive come disabilità dello sviluppo, autismo, ansia e DPTS possono anche giocare un ruolo nella propria capacità di protestare pubblicamente. Questo per non parlare dell’altra miriade di motivi per cui le persone potrebbero non essere in grado di presentarsi, come le preoccupazioni di essere una persona migrante senza documenti, la cura de* bambin*, la brutalità della polizia o la perdita del proprio lavoro.

Questo non significa che questi tipi di azioni non siano necessarie o utili; in effetti, sono alcune delle tattiche più importanti impiegate in varie lotte contro l’ingiustizia. Il problema sorge quando non esaminiamo le nostre ipotesi su quale sia l’attivismo legittimo e quando scartiamo tipi meno ovvi di cambiamento sociale che sono stati ugualmente importanti, incluso l’atto radicale di lasciarsi riposare tranquillamente quando oppress* e stanch*.

3. Moralizzare il trasporto alternativo

Ho sempre voluto essere l’ambientalista che era così radicale che camminava, pedalava e faceva l’autostop ovunque. Ma una volta, sono svenuta durante un lungo viaggio cercando di tenere il passo con * mie* amic* punk della bici. Un’altra volta vomitai e crollai.

Anni dopo aver rinunciato al ciclismo come mezzo di trasporto realizzabile, ho scoperto che, a causa dell’EDS, avevo disautonomia o disfunzione del sistema nervoso autonomo. Questo mi lascia con una pressione arteriosa anormalmente bassa, ampie variazioni della frequenza cardiaca, intolleranza al caldo e al freddo, problemi al tratto gastrointestinale e predisposizione a svenire. In breve, per me è impossibile essere una ciclista seria.

Ho amic* che hanno tagliato fuori le macchine della loro vita in modo impressionante, percorrendo chilometri in bicicletta ogni giorno con qualsiasi tempo. Sono lodevoli. Ho persino amic* che affermano che non viaggeranno mai a lungo, a meno che non sia da autostoppista o saltando sui treni, due modi di trasporto presumibilmente anticapitalisti.

Ma ogni moralizzazione sui trasporti alternativi deve essere mitigata dal riconoscimento che molte di queste modalità sono disponibili solo per persone normodotate e che, per definizione, se una “azione radicale” esclude le persone svantaggiate, potrebbe non essere così radicale.

Molte condizioni fisiche e mentali rendono le persone dipendenti da auto e furgoni per disabili. Non tutt* possono andare in bicicletta alla rivoluzione. Questo non significa che il trasporto alternativo non sia incredibilmente importante. Significa solo che abbiamo bisogno di una conversazione più sfumata su come si presenta il cambiamento sociale e su chi, presumibilmente, lo sta facendo o non lo sta facendo.

4. “Big pharma” e salute olistica

Dai finanziamenti controversi, alla medicalizzazione de* bambin*, ai test sugli animali, ci sono così tante critiche necessarie da fare all’industria farmaceutica. Alcune delle più convincenti e importanti provengono dalle stesse persone disabili.

Ma le persone che evitano i trattamenti olistici non sono sbagliate o ignoranti. Alcune morirebbero letteralmente senza i trattamenti tradizionali che subiscono. Altre sperimenterebbero ordini di sofferenza che semplicemente non capirai mai essendo estraneo al problema.

Sì, questo include droghe controverse come gli oppiacei e gli psicofarmaci che le persone di sinistra amano odiare. Se sei una persona che non ha mai sofferto di dolore cronico o debilitanti sintomi psichiatrici, ma ti ritrovi a predicare contro questi farmaci, fermati. Stai mostrando il tuo privilegio.

Inoltre, l’idea che la medicina alternativa sia intrinsecamente più pura o etica della medicina occidentale è pericolosa. Negli Stati Uniti, la medicina alternativa è essa stessa un’industria da 13 miliardi di dollari piena di prodotti non regolamentati che la gente paga con somme incredibili, di tasca propria.

La medicina alternativa negli Stati Uniti implica classismo e capitalismo nei propri modi molto specifici per trarre profitto da gruppi privati di diritti come le persone disabili e malate. Attualmente c’è quasi zero spazio nel discorso di sinistra negli Stati Uniti per questa preoccupazione molto legittima.

Come persona con EDS, ho sperimentato così tante frustrazioni con la medicina occidentale – e altrettante persone con corpo robusto e praticanti olistici che predicano consigli non informati, assurdamente costosi e talvolta pericolosi:

Fare yoga! (Lo yoga è controindicato per l’EDS, anzi, potrebbe avermi fatto del male.) Prendere integratori! (EDS è genetico e incurabile, gli integratori non possono cambiarlo più di quanto non possa il colore degli occhi.) Sei vegana e questo è il problema; seguire una paleodieta e mangiare brodo di ossa! (Sì, l’EDS ha manifestazioni muscoloscheletriche e “brodo di ossa” contiene la parola “osso”, ma sarebbe letteralmente altrettanto efficace legare le ossa di pollo alle mie braccia e recitare, “Fantastico, tutto guarito!”)

Persone di sinistra dotate di un corpo abile, la prossima volta che sentirete il bisogno di ablesplaining (Secondo il sito web “Urban Dictionary”, l’ablesplaining è “una ‘spiegazione’ condiscendente di ogni aspetto della disabilità da parte di qualcuno che non ha l’esperienza vissuta di essere disabile. L’opinione di un ablesplainer è spesso condivisa senza richiesta e con un senso di diritto grossolanamente gonfiato”N.d.T.) sui problemi di una persona disabile, predicare i mali della medicina occidentale, o dare consigli non richiesti su trattamenti olistici, fermatevi.

Le persone disabili non sono oggetti di scena nelle vostre crociate di salute olistica e anticapitalista. In realtà, sono le persone esperte. Non tu. Aiutare significa prendere il tuo posto come ascoltatore e studente invece di comportarsi sempre come insegnante.

5. Sorvegliare e attuare l’uso della retorica accademica

Ho frequentato un panel sul femminismo e l’arte in un college privato d’élite che è stato esplicitamente pubblicizzato come evento inclusivo per la comunità. Insegno in un college comunitario, dove molti dei miei studenti sono persone di colore, persone disabili e persone che non parlano correntemente l’inglese, quindi ne ho parlato con entusiasmo.

Inoltre, ho quasi invitato una conoscente che era una donna trans che vive in una città rurale conservatrice. Aveva passato la sua vita da bracciante e, dopo aver finalmente fatto coming out intorno ai sessant’anni, si sentiva così bullizzata e insicura che lasciò il lavoro. Non aveva letteralmente nessuna persona solidale, queer o femminista e ha lottato con disturbo bipolare, DPTS dipendenza.

Ho lasciato l’evento arrabbiata, del tutto sollevata dal fatto che nessun* di queste persone avesse accolto il mio invito a partecipare.

Mentre il panel era piuttosto vario in termini di razza, la persona più anziana del panel era quarantenne; era chiaro che era considerata una vecchia anarchica. Era abbastanza discutibile che nessun* nel panel avesse affrontato età o disabilità.

Inoltre molte persone del pubblico non accademico hanno posto domande in cui hanno provato, ma non sono riuscite a utilizzare correttamente le parole come eteronormatività, transmisoginia e cispatriarcato. Il panel si è trasformato in un “richiamo” esteso di queste persone, etichettandole come oppressori e lasciandole visibilmente scosse – anche se ciò che erano realmente era semplicemente non accademiche.

Immaginate se la suddetta donna trans, povera, “malata di mente” si fosse presentata e fosse stata colei che faceva quelle domande e che era umiliata in questo “richiamo” – una donna che non ha i requisiti del cittadino alla moda con educazione di lusso, ma che aveva un disperato bisogno di solidarietà. O un* qualsiasi de* mie* studenti universitari di comunità terapeutiche che hanno trascorso le loro vite accademiche lottando contro l’abilismo e/o razzismo e isolamento colonialista.

I termini e i concetti accademici sono importanti? Sì! L’uso purista di questi è più importante dell’inclusività e della compassione? Mai. Garantire spazi che centrano l’esperienza meno privilegiata deve venire prima – sempre.

Non ho mai avuto una condizione cognitiva, emotiva o fisica che richiedesse tempo o accomodamenti extra, o che mi impedisse completamente di frequentare la scuola. La mia educazione era nella mia lingua madre e quella lingua è dominante e colonialista. Eppure mi ci sono voluti diversi anni di studio intensivo per sentire che avevo iniziato a padroneggiare le sfumature di concetti come il ciseteropatriarcato.

Non è che l’accademico, “intellettuale” Inglese non abbia spazio; è che gli accademici hanno bisogno di riconoscerlo come un dialetto di privilegi e di misurarlo rispetto ai loro obiettivi quando organizzano eventi “di comunità”.

È il culmine di così tanti “ismi” – compreso l’inclusione – di presumere che il proprio rendimento intellettuale o accademico sia lo standard neutro sul quale tutt* dovrebbero misurarsi e nominare le persone su questa base.

Solo perché qualcun* non capisce completamente le tue parole, non significa che non è così oppress* o rivoluzionari* come te.

6. Ignorare e cancellare le persone con disabilità invisibili

Persone con disabilità relativamente visibili, come quelle che richiedono sedie a rotelle o stampelle, si imbattono in innumerevoli ostacoli sociali. Dall’implicito che devono essere completamente indifes* e depress*, alle supposizioni che debbano essere asessuati o non completamente adulti, all’idea che esistano per essere fonte d’ispirazione, queste persone incontrano un’ignoranza apparentemente senza fondo.

Le persone con “disabilità invisibili” combattono anche in modi unici. Le persone che amano, dottor*, collegh* di lavoro, alleat* e estrane* sottintendono regolarmente che i nostri sintomi sono esagerati o inventati e che non ci stiamo impegnando abbastanza nei nostri vari ruoli sociali. Dopo tutto non ci “ammaliamo”. Gli stereotipi su sesso, razza, età, classe e cultura possono esacerbare queste ipotesi.

Ma innumerevoli disabilità e malattie non sono accompagnate da un segnale esterno – da alcune stime, un pieno 96% diverse come cancro, DPTS, emicrania, IBS, malattia di Crohn, fibromialgia, HIV/AIDS, malattie mentali e disturbi cognitivi, epilessia, sclerosi multipla, malattie autoimmuni e altro ancora possono essere relativamente impercettibili a chi ne è estrane*.

Le persone che lottano con tali diagnosi hanno ragioni importanti per le quali potrebbero aver bisogno, ad esempio, di utilizzare le sedute per persone disabili o il bagno per persone disabili. Potrebbero dover saltare l’evento radicale che hai pianificato. È un atto per negare la loro voce, per tener loro nella posizione psicologica e sociale di doversi difendere.

Non dare per scontato che tu sia un esperto dell’esperienza soggettiva altrui della propria esistenza nel corpo, sia per quanto riguarda il genere, il sesso, l’abilità fisica e mentale, la razza, la cultura o qualsiasi altro fattore. Le società oppressive sono costruite, in parte, quando persone potenti formulano tali presupposti.

***

Questo elenco non è esaustivo.

Dal lessico abilista, al cattivo abilismo del movimento anti-vaccini, all’insensibilità intorno alla disabilità nei dibattiti sul diritto alla morte, ci sono innumerevoli arene in cui * attivist* mostrano accidentalmente il loro privilegio ignorando o decentrando coloro che non ne hanno.

Questo ottobre, per il mese di sensibilizzazione sulla disabilità, sfido tutt* * ribelli di sinistra abili a sviluppare la consapevolezza di dove si trovano in questa parte della matrice di privilegi e oppressione e di iniziare a educare se stessi e altr* verso una visione del mondo veramente inclusiva e compassionevole.

Fonte: https://thebodyisnotanapology.com/magazine/6-ways-your-social-justice-activism-might-be-ableist/?fbclid=IwAR2hIuKgzuEoiMNJEMtJu_eFeswNrnyDcf-2BxP01s5BM-avAOOAoiaw5pA

 

Specismo e abilismo

L’alpaca Domino

Di pattrice jones

tradotto da: http://blog.bravebirds.org/archives/3225

Le persone che si preoccupano di giustificare il loro presunto diritto di sfruttare, rinchiudere nelle gabbie, uccidere e controllare la riproduzione di animali non umani di solito hanno un numero limitato di argomenti. Tra quelli più comuni c’è l’idea che solo gli umani abbiano delle capacità particolari e che questa superiorità nelle varie abilità autorizzi le persone a fare qualsiasi cosa vogliano agli animali non umani. Come ho sentito dire una volta dall’attivista per i diritti dei disabili Mary Fantaske: “Non è solo come l’abilismo; questo è l’abilismo.”

La coscienza, il senso dell’io, l’uso di strumenti, il linguaggio…tutte queste cose sono state presentate come abilità che dimostrano la superiorità umana e giustificano l’egemonia umana. Lasciamo da parte per un momento il fatto che molti animali non umani hanno, in realtà, le capacità che si dice siano una peculiarità dei soli umani (i corvi e le scimmie creano utensili, elefanti e ghiandaie esibiscono un senso dell’io, gli uccelli e le api comunicano tramite complesse coniugazioni di segnali, e persino gli uccelli, per non parlare di tutti i mammiferi, condividono con noi l’architettura cerebrale di base responsabile della coscienza). Abbiamo anche messo da parte il fatto che molti animali hanno abilità che non possediamo. Concentriamoci invece sulla logica dell’argomentazione: abbiamo l’abilità X, quindi siamo superiori e possiamo fare ciò che ci piace a coloro che non hanno questa capacità.

Questo è davvero un modo pericoloso di pensare. Le persone con disabilità sono state rinchiuse a vita, sterilizzate contro la loro volontà, usate come cavie senza consenso, costrette a lavorare senza stipendio, private dei diritti civili e sottoposte a molte altre dolorose vessazioni dovute a questo modo di pensare. Per fare solo un esempio, la nozione che la lingua dei segni non fosse realmente un linguaggio e che quindi i non udenti fossero subumani condusse direttamente alla disgregazione delle famiglie sorde, alla sterilizzazione forzata dei sordi, all’incarcerazione e all’asservimento dei giovani sordi, e molti altri abusi che sconvolgono la coscienza di chi apprende questa storia per la prima volta (se non conosci questa storia, o la storia della resistenza sorda a quella oppressione, ti suggerisco di iniziare con l’antologia Deaf World a cura di Lois Bragg.)

Questo esempio non solo illustra l’abilismo intrinseco nella difesa della supremazia umana basata sul concetto di capacità, ma evidenzia anche il rischio di definire “l’umano” per mezzo di una particolare abilità. Questo ci porta alla capacità più comunemente rivendicata come la ragione della superiorità e della supremazia umana: la razionalità.

Homo Sapiens significa letteralmente “uomo saggio” con i sapiens destinati a distinguersi da membri presumibilmente meno intelligenti del genere homo. A parte l’arroganza di pensare a noi stessi come i più intelligenti di tutti, questa definizione concentra la capacità cognitiva come la definizione stessa dell’umanità.

Nel proporre questo nome per la nostra specie, Carl Linnaeus si rifece ad Aristotele, che aveva chiamato “uomo” (intendendo con uomo il maschio) “l’animale razionale”. Le ecofemministe hanno da tempo identificato l’elevazione della ragione sull’emozione come uno dei fattori in una visione del mondo che eleva i maschi e l’umanità sulle donne e sulla natura; allo stesso modo, alcuni teorici critici della razza hanno dimostrato come la bianchezza sia incorporata nelle concezioni moderne dell’umano. A livello quotidiano, gli uomini sessisti spesso si presumono più razionali e meno emotivi delle donne, che sono anche disumanizzate in altri modi; i bianchi razzisti sostengono di essere intrinsecamente più intelligenti delle persone di colore, che sono anche disumanizzate in altri modi. E così, questa definizione di “umano” per mezzo della presunta superiorità delle nostre capacità cognitive non solo facilita la subordinazione degli animali e la discriminazione delle persone con disabilità, ma è un aspetto di presunte “altre” forme di oppressione come il razzismo e il sessismo.

Come discuterò a fondo nel mio prossimo libro, provvisoriamente intitolato “Human Error”, lo specismo non solo distorce il nostro punto di vista sugli animali non umani ma distorce anche il senso di noi stessi, in modi che possono rendere difficile per noi risolvere problemi come il cambiamento climatico e la violenza delle armi. Qualsiasi vegano che si è trovato in discussioni senza fine con mangiatori di carne che non si danno pace, indipendentemente da quante volte gli abbiate fatto notare le loro incoerenze logiche, è incappato nell’errore specista della “razionalità umana”. Se vogliamo veramente minare la supremazia umana, dovremo lavorare all’interno di un modello più realistico di ciò che motiva il comportamento umano, e ciò richiederà un ripensamento di ciò che intendiamo per “umano”. Nel frattempo, ecco alcune fonti di maggiori informazioni e idee sui legami tra l’abilismo e lo specismo:

-“The Oxen at the Intersection” di pattrice jones – Questo libro sulla lotta infruttuosa per salvare due buoi dopo che uno di loro è diventato disabile include un capitolo intitolato “Riti di disabilità” all’interno di una sezione più ampia intitolata “Intersezioni pericolose” ed è destinato ad essere un caso di studio di come pensare ecologicamente alla difesa degli animali.
-“Beasts of Burden” di Sunaura Taylor – Libro di memorie e parte di un’indagine accademica, questo libro di un’artista e attivista disabile sfida sia gli attivisti per i diritti degli animali che gli attivisti per i diritti dei disabili a lottare.

-Mary Fantaske in “Intersections Between Ableism & Speciesism (video) – Questa breve presentazione della conferenza del 2013 sui diritti umani di “Animal Rights” in “Guelph 2013” copre diverse idee chiave.

– “Aphroism” di Aph Ko e Syl Ko – Questa raccolta di post di blog di due neri vegani non affronta direttamente la disabilità, ma fornisce un’introduzione accessibile alle sfide antirazziste al concetto di umano.

Ma, un attimo, ho ancora una cosa da dire, o piuttosto da rivelare. Nel corso della discussione, ho parlato di Domino, un alpaca neuro-atipico la cui disabilità sembra essere correlata alla sua capacità di estendere l’amicizia e di prendersi cura dei residenti di altre specie, in particolare un maiale precedentemente chiamato Val e una giovane pecora traumatizzata chiamata Shadow.

Non è l’unico membro neuro-divergente della nostra comunità multi-specie. Ci sono anche io. Come ho detto durante l’evento, la co-fondatrice di “Vine” Miriam Jones e io ci siamo incontrate nel contesto di una lotta per i diritti dei disabili. Il nostro personale retribuito e i volontari principali includono molte persone con disabilità. Negli ultimi anni, ci siamo impegnate a identificarci come un’organizzazione guidata da LGBTQ, eppure non siamo state così entusiaste di essere un santuario degli animali gestito in parte da persone con disabilità. Perché? Potrebbe essere perché la maggior parte delle nostre disabilità non è nel regno della mobilità, ma piuttosto nel regno presumibilmente irrazionale della psiche?

Io posso parlare solo per me stessa. Non sono solo neuro-atipica, ma ho anche una significativa diagnosi di salute mentale e problemi persistenti con la memoria, probabilmente radicati nella lesione cerebrale traumatica precoce. Mi preoccupo anche mentre scrivo questo che rivelare queste cose mi porterà a essere stereotipata in modo da inibire la mia capacità di essere un difensore efficace per gli animali. Ma penso che andrò avanti e farò “coming out” perché abbiamo davvero bisogno di sfidare le idee abiliste costruite nello specismo, partendo dall’errore che gli umani “normali” sono principalmente animali razionali.