Il welfare animale nella campagna delle presidenziali USA

Negli Stati Uniti è tempo ormai di candidature per le elezioni presidenziali e tra le varie tematiche su cui si confrontano i politici democratici, tra di loro e con l’amministrazione Trump, fa capolino anche la questione del “welfare animale”. Bisogna innanzitutto fare presente come da un lato questo interesse per il benessere e la salute delle altre specie sia condizionato nel quadro di proposte politiche molto limitate e cautamente riformiste all’interno di un quadro, quello dell’industria agroalimentare, che di per sé persegue finalità di sfruttamento e di sterminio a scopo di profitto. Desta comunque interesse fare un ragionamento generale su come queste tematiche siano sempre più al centro dell’attenzione e del dibattito politico americano mentre in Europa sono ancora fuori dal confronto istituzionale se non per quanto riguarda alcune proposte dei partiti ecologisti. Un esempio lampante può essere quello dell’appena nominato governo cosiddetto “giallo-rosso” che da un lato ha annunciato una svolta in direzione di una “green economy” con investimenti a favore dell’ambiente fuori dai vincoli di deficit, mentre dall’altro ha nominato una ministra dell’agricoltura che ha rilasciato dichiarazioni inequivocabili sul tema. La politica renziana Teresa Bellanova, intervistata da Lilli Gruber nel talk show “In onda”, ha infatti affermato come le priorità del suo ministero siano relative al contrasto dei virus come la Xylella e alla certificazione di qualità dei prodotti alimentari. Gli animali praticamente non esistono se non come strumento di consumo e di espansione dell’industria made in Italy, così come nessun cenno è stato fatto alla disastrosa situazione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti nelle campagne, tra chi lavora senza documenti e senza casa a cottimo sotto il sole cocente della Puglia o della Calabria. Un esordio, quello della ex bracciante Bellanova, totalmente in linea con il suo predecessore leghista Centinaio. Tornando agli USA, il dibattito sulle cause dell’inquinamento e del relativo aumento del riscaldamento climatico ha finalmente messo in primo piano con dati inoppugnabili anche il ruolo degli allevamenti intensivi, per cui diventa difficile anche per i candidati democratici del paese dei mangiatori di cheesburger continuare a fare finta di niente. Nella sinistra USA ci sono politici come Bernie Sanders che hanno presentato per le primarie democratiche un programma di “animal welfare” piuttosto vago ma comunque abbastanza significativo: https://feelthebern.org/bernie-sanders-on-animal-welfare/ Si va dalla richiesta di una diminuzione della crudeltà sugli animali da allevamento fino alla protezione di alcune specie particolari e in via di estinzione. Altri programmi simili sono presenti nelle piattaforme per le primarie democratiche di altr* candidat*. La piattaforma più articolata è quella di Juliàn Castro https://veganista.co/2019/08/19/julian-castro-unveils-groundbreaking-animal-welfare-plan/ che si sofferma sui test animali per i cosmetici, sulla caccia così come sulla stessa riduzione degli allevamenti industriali. Cory Booker, senatore del New Jersey, è un vegano dichiarato (esempio abbastanza raro nel mondo della politica istituzionale) e ha una piattaforma simile a quella di Castro: https://corybooker.com/issues/animal-welfare/ Tra i pezzi grossi delle primarie c’è sicuramente Joe Biden: nella piattaforma dell’ex vicepresidente di Obama non c’è traccia di punti riguardanti il welfare animale ma abbiamo comunque alcuni suoi atti del passato che lo hanno visto battersi contro la macellazione equina, la caccia di animali esotici e dei delfini. Una delle sue principali concorrenti alla nomination è Elizabeth Warren: la candidata del partito democratico si contende con Bernie Sanders (sulle linee di politica generale) la palma del programma più radical e spostato a sinistra. Per quanto riguarda le politiche verso gli animali, invece, diversamente da Bernie, la Warren appare come una convinta nemica della liberazione animale, una specista di tutto tondo: ha infatti sponsorizzato una campagna a favore dell’industria casearia https://veganista.co/2019/07/09/the-dairy-pride-act-is-a-full-blown-attack-on-vegan-businesses-so-why-did-elizabeth-warren-back-it/ finanziata dalle lobby agroalimentari e si è pronunciata in modo nettamente negazionista rispetto al ruolo degli allevamenti nei cambiamenti climatici. Chiedete alla Warren di parlarvi del Green New Deal ma non ditele che il cheesburger che si sta mangiando è la causa dell’inquinamento che sta distruggendo il pianeta. Queste sono dunque le principali posizioni dei politici democrat. Il vincitore o la vincitrice delle primarie si troverà di fronte un avversario tradizionalmente collocato su posizioni speciste e di sterminio animale, nonché di un forsennato negazionismo climatico tout court. L’amministrazione di Donal Trump si è spesa infatti in questi anni attraverso il suo dipartimento per l’agricoltura per aumentare la velocità della macellazione dei suini nelle linee dei mattatoi, attualmente “limitate” a soli 1.106 maiali massacrati all’ora https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-12-06/usda-plan-to-speed-up-slaughter-line-is-challenged-as-flawed Inoltre, l’amministrazione Trump si è spesa contro la protezione delle specie in via di estinzione: https://eu.usatoday.com/story/news/politics/2019/08/12/donald-trump-administration-weaken-endangered-species-act/1985543001/ Insomma, chiunque affronterà Trump alle prossime elezioni presidenziali troverà un candidato ben agguerrito a difesa di tutti i privilegi specisti, anche quelli più odiosi e facilmente evitabili.

lino caetani