Riceviamo e pubblichiamo:
SULLA NOSTRA PELLE: Basta repressione, basta carcere!
Dopo anni di insabbiamenti e depistaggi, la morte di Stefano Cucchi ci ha rivelato, in tutta la sua tragica durezza, una verità che spesso viene sottaciuta: lo Stato uccide, le forze dell’ordine sono responsabili di vari crimini e la struttura repressiva statale, fatta di leggi, tribunali, chiese, psichiatria, carceri e CIE, è la causa di morte e sofferenza. Non solo Stefano, ma anche Aldo Bianzino, Serena Mollicone, Federico Aldrovandi, Riccardo Magherini, Francesco Mastrogiovanni e tante altre persone sono morte tra caserme, commissariati, ospedali o per la strada. Le carceri sono un vero e proprio inferno: oggi in Italia abbiamo circa 60.000 detenuti stipati in luoghi pericolosi e sovraffollati. Mai così tanti suicidi da cinque anni ad oggi. Il numero dei suicidi in carcere nel 2018 è un ulteriore segnale d’allarme che non va sottovalutato. Dall’inizio dell’anno, infatti, sono 55 le persone che si sono tolte la vita in diversi penitenziari. Ci troviamo di fronte a una vera e propria emergenza: lo Stato sta costruendo nel nostro paese un sistema repressivo sempre più spietato e capillare. I lager per migranti, chiusi nel corso degli anni in seguito alle lotte delle persone recluse, sono di nuovo al centro del progetto di controllo e gestione della vita di chi approda in Italia e si prevede a breve l’apertura di altri centri per la deportazione. I vari governi che si succedono, di destra e di sinistra, procedono sempre nella stessa direzione: sempre meno libertà, sempre più controllo e repressione. Anche nella nostra città, a Salerno, la situazione è allarmante: nel carcere di Fuorni si ripetono episodi tragici. Qualche giorno fa una detenuta dell’ala femminile del carcere si è suicidata, mentre negli ultimi mesi sono stati segnalati vari pestaggi, con detenuti condotti a processo apparsi davanti al giudice pieni di lividi e con evidenti segni di percosse. Proprio come è accaduto a Stefano Cucchi. Il carcere e il lavoro di magistratura e polizia fanno parte di un unico progetto rispetto al quale non chiediamo riforme e monitoraggio di meri “abusi”episodici: vogliamo invece lottare contro l’esistenza stessa di questi strumenti che servono solo a perfezionare il potere dello Stato sulle persone. Anche nella nostra città abbiamo bisogno di una maggiore solidarietà verso chi subisce la repressione e si trova suo malgrado costretto tra le maglie di questo sistema.
Collettiva contro il carcere
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