Comunicato del Circolo Anarcofemminista Ni Amas Ni Esclavas sulla rivolta nella regione chilena

da https://hacialavida.noblogs.org/post/2019/11/26/comunicado-del-circulo-anarcofeminista-ni-amas-ni-esclavas-sobre-la-revuelta-en-la-region-chilena/

A un mese dall’inizio della rivolta sociale in $hile[1], siamo statx testimoni di molti episodi di violenza politica esercitata dalle forze di polizia e FF.AA. contro milioni di persone scese in strada a manifestare il malcontento e il rifiuto di un modello socioeconomico instaurato a costo della morte e dello sfruttamento di generazioni che hanno pagato le conseguenze del suo sviluppo negli ultimi 46 anni. L’azione diretta contro l’innalzamento del biglietto metro di 30 pesos, durante la quale migliaia di studenti hanno organizzato evasioni di massa, ha incoraggiato un’intera società a sollevarsi contro un sistema iniquo, a organizzare la rabbia accumulata e attaccare chi ci ha oppressx per secoli. Le varie lotte sociali sono emerse con le rispettive richieste, riuscendo a convogliarsi in un fronte comune contro lo stato e il capitale, privilegiando l’empatia e la solidarietà in una rivolta che non si ferma, né di fronte alla sproporzionata repressione né agli accordi per la pace. Non cadiamo nella trappola della nuova costituzione, elaborata a porte chiuse da una classe politica sconnessa dalla realtà e che ancora una volta esclude le persone protagoniste del tanto anelato cambio sociale.

Come anarcofemministe ci uniamo a questa grande lotta, crediamo che sia di somma importanza mettersi in gioco per l’autodeterminazione, il mutuo aiuto, l’azione diretta e l’organizzazione territoriale (essendo questi i pilastri che sorreggono questa trasformazione sociale), rendere visibili gli inganni istituzionali che storicamente la classe politica e imprenditoriale montano attraverso sotterfugi legalisti che favoriscono solamente coloro che hanno cooptato il potere, infestare con le nostre idee i distinti scenari e comunità che oggi più che mai sono terreno fertile per la diffusione delle nostre idee antiautoritarie.

Ripercorrendo la storia delle manifestazioni, proteste o rivolte in questa regione chiamata $hile possiamo individuare un obiettivo comune ancora oggi latente: la fine dell’abuso storico di una classe politico-economica che a suon di collusioni istituzionali, partitiche e imprenditoriali ha portato alla precarizzazione della vita della classe lavoratrice in ogni sua dimensione. Se facciamo questo percorso storico vediamo inoltre uno stato che dal principio ha tentato di silenziare, compromettere e schiacciare la rivolta sociale con il terrore, la repressione e la violenza. Questo terrorismo di stato si è dispiegato prima contro i popoli indigeni della regione, per eliminarli dalla scena della nascente patria, per il bene della fondazione dello stato nazionale $hileno con tutti i suoi dispositivi di controllo, per costruire un paese a immagine e somiglianza dell’Europa: bianco, civilizzato e progressista.

Il massacro razzista attuato dallo stato non è riuscito nel suo intento e questo è evidente nella resistenza da nord a sud dei popoli indigeni che storicamente hanno dovuto lottare e difendere le proprie terre, la propria cultura e le loro stesse vite dinanzi a uno stato che ha cercato sistematicamente di cancellarli dalle mappe. Successivamente questo stesso stato che ha promosso un avvenire sicuro e prospero, ha rivolto il massacro verso la sua propria gente, non a una gente qualsiasi bensì a quella che, da quando $hile è $hile, ha dovuto vivere in condizioni indegne, alla gente precaria, maltrattata, marginalizzata e dimenticata, gente che nel momento in cui alzava la voce si è vista scaternare il fuoco, la repressione, la tortura, la sparizione e la morte! Meccanismi che possiamo incontrare nella storia recente della regione chilena con l’instaurazione della dittatura civico-militare di Pinochet che a suon di minacce, proiettili e torture ha fatto del $chile il primo paese neoliberale del mondo, consolidando così una delle forme del capitalismo più sfacciato, autoritario e dispotico, forma che oggi lo stato non ha potuto continuare a occultare sotto il suo grande tappeto di convenzioni politiche, lobby, politiche pubbliche fatte di briciole e inganni giornalieri! Oggi lo stato chileno mostra la sua vera faccia, quella che lungo 30 anni di ‘democrazia’ ha provato a lavar via il sangue che scorre nelle sue istituzioni, nei suoi eserciti, tra le sue leggi, sul suo scudo e la sua bandiera; pallottole, pallini, lacrimogeni, gas urticante e proiettili che mostrano questa patria traboccante di sangue, sangue che di nuovo, nella rivolta iniziata il 18 ottobre 2019, torna a scorrere sulla protesta sociale, con più di 20 morti, 200 perdite oculari, torturatx, imprigionatx, sequestratx e stupratx.

L’azione militare brutale e mortale contro la cultura mapuche non si è fermata dopo la ditattura. Il suo obiettivo è disarticolare la storia dei popoli indigeni per riprodurla all’interno di una logica colonialista. In questo senso si ritiene valida la storia mapuche solo a partire da una rivalorizzazione del popolo detto chileno all’interno della sua etica e cosmologia, basate sul valore della terra e della natura. “Mapuche: gente di questa terra”, un motto che senza dubbio renderà giustizia ai disastri provocati da uno stato oppressore e assassino che ha definito il popolo mapuche terrorista. Dall’attuale crisi sociale provocata da una precaria e abusiva politica neoliberale, è stato dimostrato il sostegno alle persone Mapuche nella loro lotta autonoma, sostegno basato su organizzazioni sociali e appoggio reciproco che è emerso spontaneamente tra i nostri pari, identificandoci come anarcofemministe con gli ideali anticapitalisti della loro lotta. Attualmente lo stato ha giustificato la violenza approvando leggi che rafforzano ancora di più la repressione e criminalizzazione della protesta; ricattando e assassinando coloro che ritiene una minaccia al suo modello attuale.

È così che hanno discriminato e violentato il popolo mapuche da tempo immemore, nascondendolo all’opinione pubblica, criminalizzando e offuscando ciò che questo sta esigendo da anni: la liberazione, ricostituzione e autonomia del territorio mapuche, che dopo esser stato usurpato giace in mano di privati che lo distruggono e sfruttano. Il governo instilla nell’opinione pubblica disinformazione e menzogne attraverso i mezzi di comunicazione; menzogne che vorrebbero nascondere le montature contro la causa mapuche (una delle ultime è il caso del comunero Camilo Catrillanca [2], che il 14 novembre 2018 ha dimostrato fattivamente il comportamento assassino dei sicari dello stato). Allo stesso modo la ‘machi’ Francisca Linconao[3] che nel 2013 è stata accusata senza fondamento usando la legge anti-terrorista, è stata assolta per mancanza di prove nel 2018. Non sono oggi cessate le montature, la repressione e la violenza nei confronti del popolo indigeno, con la differenza che ora ad apportare il proprio sostegno non sono soltanto gruppi minoritari; ormai gran parte dei movimenti sociali, così come individualità che scendono in strada a manifestare, hanno compreso che l’oppressore è lo stesso in entrambe le cause: lo stato capitalista, patriarcale e colonialista.

Le rivolte e la disobbedienza civile messe in atto in questi giorni hanno evidenziato tutte le ingiustizie, le disuguaglianze e le violenze su cui si struttura lo stato del $hile, senza tralasciare la violenza politico-sessuale attuata attraverso stupri, molestie, denudamenti e insulti contro donne e dissidenze sessuali; uno dei congegni per seminare terrore, umiliazione e paralisi delle forze contrarie allo status quo! Si è dimostrata di nuovo, proprio come sotto la dittatura, la violenza machista storica che gli stati (tutti) hanno esercitato dal principio del mondo civilizzato; si è dimostrato che in una alleanza machiavellica gli stati hanno dispiegato atti di vessazione nei confronti delle individualità che rifuggono il sistema eteronormato e che resistono nelle loro esistenze differenti. Dopo una gran visibilità dei movimenti articolati dai femminismi, diventa un dovere continuare a espandere il nostro pensare, evidenziando violenze e combattendole congiuntamente.

Perciò ci dichiariamo contro lo stato, contro i suoi dispositivi, meccanismi e forme!

Rifiutiamo la violenza dello stato oligarchico, liberale e patriarcale contro il popolo mapuche, le marginalità, le donne, le persone omosessuali, le dissidenze sessuali e coloro che sono dimenticatx, proprio come la nostra infanzia catturata dal Sename.[4]

Esigiamo libertà e giustizia per tuttx, compagnx, prigionierx e cadutx.

Crediamo che l’unica maniera di continuare a combattere e resistere per riprenderci le nostre vite è l’organizzazione e le assemblee territoriali! Non crediamo nei loro contratti di pace, tantomeno nelle loro convenzioni costituenti sotto uno stato che storicamente è stato il nemico di tutti i popoli!

La lotta continua, la rivolta resiste!

Organizzati e riprendiamoci le nostre vite!

Círculo Anarcofeminista Ni Amas Ni Esclavas

Novembre 2019

[1] La dicitura ‘$hile’ è diffusa nel paese e marca la distinzione tra il Chile reale e lo stato neoliberale che deturpa il suo popolo e territorio in favore del capitale ($hile con $ simbolo del Peso)

[2] Camilo Catrillanca, 24enne mapuche della regione meridionale de La Auracanía e tra i leader della ATM (Alianza Territorial Mapuche), è stato ucciso da una pallottola sparata da Carabineros della squadra speciale denominata Comando Jungla il 14 novembre 2018. La sua morte ha generato proteste e scontri nelle maggiori città chilene. Il primo anniversario del suo assassinio è perció coinciso con le sollevazioni attuali.

[3] Francisca del Carmen Linconao Huircapan è una ‘machi’, un’autorità spirituale, guida e guaritrice. La causa intentata contro l’azienda forestale Palermo ha portato a una sentenza favorevole al popolo mapuche, costituendo un precedente giuridico pericoloso per lo sfruttamento indiscriminato dei territori da parte dei privati. Nel 2013 è stata ingiustamente incriminata in un caso di omicidio e nel 2016 incarcerata insieme ad altrx 10 comunerxs sulla base della denuncia falsa di un testimone estorta sotto minaccia di funzionari di polizia.

[4] Servicio Nacional de Menores, organismo di protezione delle persone minori dello stato chileno, tristemente noto per i sistematici maltrattamenti adottati nella totalità dei centri del territorio nazionale, nonché per gli innumerevoli casi di violenza sessuale (nel 50% dei casi).